Amerigo Tot, cittadino ideale della Puglia
(VITTORE FIORE, Il Poliedro, Numero speciale dedicato alla scultura di Amerigo Tot, Roma, 01 April, 1969, pp. 3-5.)
— by VITTORE FIORE
Vi sono molti elementi nella vita pur sempre generosa di Tot che non sono entrati subito nei nostri gusti, negli angoli più riposti del cuore. Posso dirlo oggi che nella nostra storia la sua opera ha pieno diritto di cittadinanza, posso dirlo dopo avere a lungo rifiutato alcuni aspetti della sua protesta anarchicheggiante che solo oggi, in un più ampio arco di vita e di opere, è possibile valutare nei suoi giusti termini. A ben pensare non riuscivo bene a separare la figura di Amerigo Tot, che dalle rive del lago Balaton passò attraverso le avventure delle capitali europee, dai movimenti che hanno caratterizzato in larga parte i primi sessant'anni del nostro secolo. La storia della nostra più recente cultura, del '900, è piena di esperienze protestatarie, irrazionali, nazionalistiche, che spesso non sono anda-te al di là della protesta, e contenevano in sè i germi di un male più profondo. Movimenti che hanno avuto pure la loro funzione di svecchiamento e di spigrimento, non incisero nella realtà e non seppero arginare le degenerazioni sul piano umano, culturale, politico e sociale. Abbiamo assistito a troppi rivoluzionarismi falliti, che in fondo mascheravano il loro più vero conformismo. Le ombre hanno sopraffatto le luci del primo sessantennio. Non potevo dimenticare che la strafottenza era anche degli squadristi. Per tutte queste ragioni il gesto del nomade figlio di contadini ungheresi approdato a Roma forse ci traeva in inganno e noi, a parte il calore umano della sua amicizia, gettavamo su di lui un sospetto che alla lunga risultava infondato. Oggi possiamo dire che il gesto di Tot tende sempre a farsi arte, che lo scatto della sua mano si traduce in vibrazione artistica, che la sua protesta non era sterile espressione di gusto avanguardistico. E' evidente che per comprendere l'arte di Amerigo Tot non possiamo rifiutare nulla di lui. Non commetteremo perciò l'errore — e come potremmo? — di negare validità alle sue esperienze formali e plastiche, che lo hanno posto in primo piano sul fronte della scultura europea. Ma non com-metteremo nemmeno l'errore, in cui purtroppo ci pare sia incappato un critico della portata di Lionello Venturi, di considerare i bronzi della Cassa di Risparmio di Bari come un patteggiamento con il gusto del pubblico, come un compromesso fra l'antico e il moderno. E' proprio invece quest'opera inseparabile dall'esperienza di Amerigo Tot che può offrire la strada al critico per venir fuori dall'artificiosa polemica tra astrattismo e figurativismo. E' proprio questo legame profondo con la realtà della nostra terra, della Puglia, a salvare Tot dal pericolo di un formalismo di ottima lega, ma senza senso, senza legame con la vita, la vita degli uomini e delle cose. L'approdo in Puglia, a Bari, rappresenta un momento importante nella vita artistica di Amerigo Tot proprio perchè egli si trova a dover fare i conti con la tradizione italiana che non può essere ignorata ma deve essere criticamen-te compresa e superata. Tot è stato sempre artista italiano. Ma in che senso? Geografico o acca-demico? Pompieristico-retorico? Classicistico? No. come ha scritto acutamente Giancarlo Vigorelli nella prefazione alla illustrazione dei bassorilievi che Amerigo ha dedicato alla Puglia, egli rifiutava gli abbagli della romanità, dell'italianismo, del forma-lismo. Egli imparò bene a distinguere fra classicità e classicismo, tra italianità e italianismo. Egli, in altri termini, saldava la storia degli uomini con la storia della forma. Tot realista? Nemmeno per sogno. Vedete come nei bassorilievi della Cassa di Risparmio egli si condanna a reprimere e a mutilare i sentimenti, come egli teme che il bello gli prenda la mano, nelle sue espressioni più gratuite. Il prepotente individualismo di Tot non dà risultati idillico-pastorali. Il suo astrattismo, le sue sproporzioni e deformazioni di una volta, gli servono per tenersi lontano dalle sovrastrutture retoriche di una falsa grandezza. L'esperienza astratta, drammaticamente vissuta, serve per non impigliarsi nel facile giuoco del mondo rurale. In comunione di idee, di sentimenti, con i meridionalisti pugliesi, con i nuovi poeti, egli scopre nel Tavoliere, nelle città, negli uomini, nei contadini, simboli terrestri e corporei, per cercare in essi, nella loro storia, una più dolente verità. Tale è il significato del suo omaggio al « popolo di formiche » e a ciò che per noi pugliesi significa questo modo di essere, di pensare. Anche i poeti e i pittori pugliesi hanno tentato di impostare in termini nuovi il problema della interpretazione del paesaggio storico pugliese. Tot getta in questa direzione tutta la forza della sua esperienza e della sua umanità. Anche egli cerca il collegamento con la storia, per spogliarla di ogni retorica e restituirla, pur nella comprensione dei suoi miti, ad una dimensione più umana, più vera. I suoi pescatori, i suoi canapieri, i piantatori di tabacco e le raccoglitrici di olive sono personaggi antichi e moderni, sono i protagonisti di una storia antichissima, vivi e viventi, ma pieni di speranza, di forza. Spesso i massimalisti hanno accusato i migliori poeti meridionali, come Scotellaro, di avere introdotto nel loro mondo il dolore contadino. Ma è una accusa ingiusta e superficiale. Dolore e speranza sono termini di una stessa visione artistica. E anche questo momento essenziale della spiritualità pugliese Tot comprendeva e faceva propri quando si accingeva a bassorilievi della Cassa di Risparmio, un'opera che basta da sola a farlo considerare cittadino ideale della Puglia. La storia, il paesaggio, gli uomini della Puglia sono entrati anche per merito suo nella cultura italiana.